La proposta del mediatore: nei regolamenti il banco di prova

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PropostaUno dei temi più dibattuti del D. Lgsl. 28/2010 è la proposta del mediatore. Sarà una mediazione più valutativa? In base a quale logica il mediatore potrà/dovrà formulare la proposta e su chi ricadrà la relativa responsabilità? Il Prof. Marinaro, autore di diversi libri e articoli su vari temi della mediazione,  affronta qui di seguito le tanto discusse questioni, offrendo spunti dal suo ultimo libro “La mediazione delle liti civili e commerciali. Un percorso nella nuova normativa”

Un tema centrale del dibattito italiano sulla mediazione è sicuramente quello della proposta del mediatore*. È noto che la possibilità di formulare una proposta – se pur ovviamente all’esito negativo del procedimento di mediazione per il mancato accordo – sposta il baricentro della mediazione trasformandola da ‘facilitativa” in ‘valutativa’: il mediatore non si limita soltanto a facilitare il dialogo delle parti e, quindi, la soluzione negoziale della lite, ma è chiamato a proporre alle stesse una soluzione attraverso una proposta.
Analogo dibattito si era sviluppato in relazione al D.Lgs. 5/2003 in materia di rapporti societari e la soluzione che all’epoca era stata prescelta dal legislatore (a sèguito della modifica con D.Lgs. 27/2004) era quella di prevedere che il conciliatore formulasse la proposta soltanto qualora fosse stata richiesta congiuntamente dalle parti.
Nel sistema vigente, dopo una serie di discussioni sorte dopo l’approvazione da parte del Governo del primo schema di decreto legislativo che prevedeva l’obbligo per il mediatore di formulare la proposta anche su richiesta di una soltanto delle parti, la soluzione normata prevede tale obbligo qualora vi sia richiesta congiunta delle parti, mentre affida alla ‘discrezionaltà’ del mediatore (o a quella dei regolamenti degli organismi di mediazione che ne potranno dettare le regole) la formulazione della stessa.
Questa previsione che nasce da un chiaro tentativo di mantenere intatto un meccanismo di tipo sostanzialmente coercitivo nei confronti delle parti riluttanti, pur senza renderlo obbligatorio, ha di fatto ‘scaricato’ tale responsabilità sugli organismi e/o sui mediatori creando non poche perplessità sull’utilizzo che verrà fatto nel momento in cui l’intero sistema, con l’entrata in vigore dell’obbligatorietà in molteplici materie e con l’adeguamento dei regolamenti, andrà a regime.
Ma il dibattito è destinato ad intensificarsi dopo l’entrata in vigore il 5 novembre del D.M. 180/2010. Infatti, con il decreto ministeriale in questione è stata prevista la possibilità per i regolamenti degli organismi di mediazione di prevedere che, in caso di formulazione della proposta, «la stessa può provenire da un mediatore diverso da quello che ha condotto sino ad allora la mediazione e sulla base delle sole informazioni che le parti intendono offrire al mediatore proponente, e che la proposta medesima può essere formulata dal mediatore anche in caso di mancata partecipazione di una o più parti al procedimento di mediazione».
Si intuisce immediatamente la portata di una simile disposizione qualora la stessa dovesse trovare il favore degli organismi i quali, ‘abbagliati’ dalla possibilità di munirsi di ulteriori strumenti coercitivi, potrebbero ritenere utile una simile previsione.
Appare evidente che, fin quando la proposta viene formulata dal mediatore su richiesta delle parti, la stessa trova una sua profonda giustificazione negoziale e costituisce il presupposto per un possibile accordo fondato sull’accoglimento non indotto della proposta ritenuta ragionevole ed autorevole. Per contro, una proposta formulata ‘contro’ la volontà di almeno una delle parti costituisce sicuramente un vulnus del percorso negoziale nella soluzione della lite che mina alle radici e sin dalla prima fase (quella che il legislatore vorrebbe come “facilitativa”) il procedimento di mediazione. La possibilità di trovarsi esposti ad una proposta formulata sulla base di quanto all’uopo prodotto e magari in ‘contumacia’ potrebbe ottenere l’effetto di una gestione opportunistica del procedimento. Ma l’interrogativo centrale nasce sulla figura del mediatore “proponente”, un mediatore che, pur non avendo condotto il procedimento di mediazione, viene designato per formulare una proposta sulla base di quanto prodotto dalle parti (o anche da una sola parte): in base a quali elementi e secondo quale logica potrà formulare la proposta?
L’attento esame dei regolamenti degli organismi di mediazione – che potranno profondamente diversificarsi soprattutto su aspetti qualificanti del procedimento – costituirà a breve la prima vera sfida per gli avvocati obbligati ad informare esaustivamente i clienti all’atto del conferimento dell’incarico avviando percorsi per un accesso selettivo e ragionato alla mediazione.

* M. Marinaro, La mediazione delle liti civili e commerciali. Un percorso nella nuova normativa, Aracne Editrice, Roma, 2010.